A vent’ anni dalla creazione del termine “codice aperto”, a che punto è la rivoluzione, non solo informatica, del free and open-source software?
Il movimento del free software era nato all’inizio degli anni Settanta tra gruppi radicali di utenti software, contagiato dal mondo dell’università in cui i risultati delle ricerche accademiche vengono condivisi tra tutti, e dalla cultura hacker dei primi smanettoni. A San Francisco e nell’università di Berkeley nasceva il movimento sociale del free software, capitanato da un insolito guru, il ricercatore universitario e politico radicale Richard Stallman, profeta del codice libero e idolo della cultura hacker. L’obiettivo era che il software fosse libero per tutti, e quindi anche gratuito. Ma dopo più di vent’anni di codice libero e software gratuito/libero i progressi erano stati minimi. Le novità erano arrivate da tutt’altra direzione a partire dalla vecchia Europa. Infatti, nel 1991, in Finlandia uno studente, Linus Torvalds, aveva creato Linux, una nuova idea di sistema operativo “aperto” sul quale collaboravano migliaia di programmatori da tutto il mondo.
Risultato: la storia stava sorpassando Stallman e i suoi, mentre Microsoft e i grandi del software proprietario (come Oracle, Sap e altri) lottavano per riconquistare più velocemente possibile le posizioni perdute. Così, nomi oggi storici del movimento come Christine Peterson, Todd Anderson, Larry Augustin, Jon Hall e soprattutto Eric Raymo
nd, pensarono a un modo nuovo per chiamare quel che facevano. A febbraio del 1998 venne coniata l’espressione “open source”. Già ad aprile del 1998 il termine open source era diventato lo standard.
Oggi, non esistono più bianchi e neri: nelle aziende i prodotti open source convivono accanto a quelli proprietari. L’open-source è la base del funzionamento del web e di internet, ma si è affermato anche in tanti altri settori. È la base dei sistemi operativi di Apple (macOS e iOS) ma anche di Android di Google. Viene utilizzato nelle reti e nella nascente internet delle cose, Google e Facebook utilizzano il software open source per creare i propri sistemi informativi.
L’open-source come strumento è anche profondamente cambiato: da quando è diventato sostanzialmente irrilevante il conflitto interno al movimento dell’open source tra chi voleva il software libero e gratuito e chi invece preferiva l’idea di libertà di scelta del software, oggi la sua adozione come componente all’interno di progetti più grandi è data pressoché per scontata, tanto che in paesi come la Germania (ma anche l’Italia) c’è un’ampia normativa che prevede l’adozione di software e formati open.