La tecnologia cloud ha compiuto numerose evoluzioni negli ultimi dieci anni. Il Cloud, inizialmente nato come alternativa economica al datacenter “on premise”, ha rivoluzionato completamente il modo in cui lavoriamo, alterando le prospettive e dando forma a nuove strategie. CEO e CTO non parlano più di “cloud”, ma di “strategia cloud”. Oggi le opzioni strategiche sono molteplici (dal cloud ibrido alle soluzioni multi-cloud per finire all’introduzione dell’edge computing) ed accomunate da una crescente esigenza: l’interoperabilità tra cloud.
Adozione del cloud più rapida, per necessità
Non c’è dubbio che la pandemia stia agendo da catalizzatore per l’adozione della tecnologia cloud ad un ritmo senza precedenti; ma l’eccezionale velocità di questo cambiamento del mercato del cloud sta rivelando gli svantaggi del “vendor lock-in”. L’impossibilità di cambiare liberamente e/o differenziare i propri fornitori di servizi cloud costituisce un “freno ingombrante” per il processo di migrazione al cloud.
Se un’azienda dovesse utilizzare servizi di cloud pubblico, probabilmente diventerebbe dipendente da un unico fornitore, il che potrebbe avere un impatto negativo, forse addirittura disastroso, sui suoi piani di crescita. Perciò spostare applicazioni, processi e carichi di lavoro da una rete privata ad un Cloud pubblico oppure eseguirli su più cloud per massimizzare l’efficienza, sono prerequisiti fondamentali.
Affinché l’adozione del cloud abbia davvero successo su larga scala, le aziende dovranno considerare il modo in cui applicazioni e dati possano essere integrati su più fornitori di cloud, utilizzando anche una combinazione di architetture private e pubbliche. È qui che entra in gioco l’interoperabilità del cloud ed anche i suoi talloni d’Achille.
Cos’è l’interoperabilità tra cloud?
In breve, l’interoperabilità del cloud è la capacità di utilizzare più cloud pubblici (appartenenti a diversi fornitori) e cloud privati tramite uno strumento unificato di gestione che consenta di migliore sicurezza, conformità, facilità di monitoraggio, di orchestrazione, posizionamento ottimale dei carichi di lavoro, accesso ai dati per le diverse applicazioni, automazione completa e molto altro. Senza uno strumento unificato per gestire tutti cloud e sistemi utilizzati dall’azienda, il risultato saranno silos di workload e di dati, andando così a ricreare gli stessi problemi dei datacenter legacy.
Interoperabilità tra cloud nella pratica
L’adozione del cloud si è evoluta così rapidamente che la comunità cloud deve ancora definire un set universale di standard o interfacce per consentire l’interoperabilità del cloud. Inoltre i fornitori di servizi cloud hanno eretto delle barriere dimostrando di voler implementare politiche di vendor lock-in per avere un rapporto esclusivo con i propri clienti.
Attualmente a soluzione migliore per risolvere la sfida dell’interoperabilità è implementare un livello di astrazione tra l’applicazione e l’interfaccia del servizio cloud tramite software Open Source (che garantisce l’assenza di vendor lock-in). Piattaforme Open come OpenStack, OpenShift, CloudForms, Kubernetes possono essere utilizzate su molteplici fornitori di servizi cloud (in particolar modo quelli certificati Red Hat CCSP) e su sistemi “on premise”.